differenti tipi di meditazione

Gli ingredienti della meditazione concentrativa e di consapevolezza sono:

  • l’attenzione sostenuta
  • l’intenzione su quale è l’oggetto osservato
  • La presenza, senza la quale non possiamo rimanere raccolti sull’oggetto osservato
  • L’accettazione che è caposaldo della realizzazione di sé in quanto depone il giudizio

Uno dei risultati del percorso meditativo concentrativo è il ritorno a sé stessi (proprio attraverso il discernimento). Nel percorso meditativo la mente smette di fare la scimmia che cerca oggetti di gratificazione esterni a se e torna al centro di se stessa. Torno dunque ad occuparmi di me stesso, a stare con me stesso. Effettivamente questo è già rivoluzionario e T.N.H. lo chiama “ritornare a Casa.” Smettere dunque di stare nella diversione, nella distrazione e nell’intrattenimento. Smettere di cercare consolazione al proprio “horror vacui”, al proprio orrore di non esistere. Certo che l’io mio ha il terrore di non esistere e quindi compensa rincorrendo oggetti illusori e aspettative di gratificazione con oggetti esterni o anche interni. L’attaccamento può continuare anche sugli oggetti meditativi e sugli ottenimenti meditativi, come ad esempio accade nel materialismo spirituale, ovvero quando iniziamo ad attaccarci alla beatitudine degli stati meditativi. E nel modello o mappa buddista si dice che “fintanto che ci sarà attaccamento non usciremo dall’esistenza ciclica.”

Come tutte le mappe non definiscono la completezza dell’esperienza pertanto vanno prese con attento discernimento per fare propria la funzionalità di ciò che si esprime e incarnare ciò che si afferma con la nostra unicità.

 

Il primo passo da percorrere è quello di guidare per almeno 21 giorni la nostra mente alla costanza meditativa. La base minima può essere stabilita di 24 minuti a sessione la mattina e la sera per entrare nel nostro inconscio e riportare alla luce della consapevolezza le nostre ombre così da accorgersene e trasformarle bruciandole. Ci sono anche altre meditazioni con sessioni più brevi di 10 minuti o di 2 minuti che si svolgono nel quotidiano camminare, lavare, guidare, lavorare etc. Sono forme diverse e utili entrambe per meditare.

tecniche meditative

Quindi da un lato c’è il ritorno a noi stessi e dall’altro l’entrare in contatto con il momento presente per come è.

Quando ho un livello elevato della qualità di attenzione, intenzione, presenza e accettazione entro a contatto con la vita presente nell’adesso così come è e non più edulcorata da come la vorrei e/o da come mi appare.

La vedo finalmente e a volte è scabra, ruvida, spigolosa ma ho un dato puro di realtà e sto con ciò che c’è a prescindere dal giudizio, respirandoci dentro.

La meditazione dunque non è una fuga ma un atto di estrema presenza nell’adesso, generando attenzione con presenza, accettazione e intenzione nell’adesso, addestrandomi a stare nell’adesso per tutta la giornata affinchè quella caratura di presenza mentale, quel quantum meditativo mi segue e io divento quella presenza. Sono quell’essere presente anche nel quotidiano, a contatto con il bosco, in città, con i miei figli e genitori.

Nella presenza la qualità della vita cambia perché non sono più a contatto con i miei filtri, con le chiavi di lettura che ho addestrato e sviluppato negli anni di vita ma sono in contatto con ciò che c’è e quando c’è, con la nuda realtà per come è. Sono libero e scevro da tutta la sequenza di afflizioni mentali che non è che non sorgono più ma sono capace di vederle, riconoscerle e lasciarle andare. Hanno cioè sempre meno forza su di noi perché ci siamo addestrati per milioni di volte a riconoscere lo schema mentale, afflittivo ed emozionale che sorge nella sua profonda natura, che è innanzitutto natura di impermanenza e mancanza di vera esistenza, e infine a nominare e lasciar andare o abbracciare ciò che si manifesta.

 

Ecco allora che mi raccolgo su di un oggetto osservato che sono in genere le sensazioni del respiro, come viene esposto nel sutra dei 4 piazzamenti ravvicinati della consapevolezza o satipattana sutta.

  • Una prima possibilità è stare sulle sensazioni del respiro all’entrata delle narici o sopra il labbro superiore. L’importante è stare sulla soglia, né dentro e né fuori.
  • Una seconda possibilità è stare sul diaframma che si espande all’inspirare e si contrae all’espirare e utilizziamo queste sensazioni fisiche come ancoraggio all’adesso e restiamo lì per 24 minuti a prescindere dall’intero carico di pensieri immagini ed emozioni che ci attraversano.

 

All’inizio l’etichettatura delle immagini sarà velocissima e cioè non perdiamo tempo e energie nel riconoscere i pensieri, o almeno non all’inizio di un percorso, poi potremmo notare come si affini sempre di più la nostra indagine di riconoscere e dare nome ad ogni immagine, evento o persona che insorge.

 

Davide Cova

 

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